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Cantiano : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diPesaro-Urbino.

Comuni

Comune di Cantiano

Cantiano : Informazioni turistiche

CENNI GEOGRAFICI
Cantiano è un comune italiano di 2.426 abitanti della provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche.Il paese è sito a cavallo tra le Marche e l'Umbria ed è attraversato dalla Via Flaminia, importante arteria che collega Roma alla costa adriatica. Posto ai piedi del massiccio del Catria, che, coi suoi 1702 m s.l.m., è la quota più alta della provincia di Pesaro e Urbino ed una delle principali vette dell'Appennino umbro-marchigiano, è immerso in estese e secolari faggete ad altofusto tra cui va ricordato il bosco di Tecchie, istituito parco pubblico nel 1986. Michele Mercati, biologo, naturalista ed archiatra pontificio (1541-1591), descrive ampiamente Cantiano nella sua opera botanica e mineralogica intitolata "Metalloteca Vaticana" (1574), ricordandolo per l'amenità dei luoghi e per le ricchezze naturali, nonché per la copiosa quantità di fossili. In effetti, ancora oggi, i monti circostanti sono ricchi di frammenti fossiliferi.
; CENNI STORICI
Fu nel VI secolo a.C. che gli Ikuvini, una ramificazione umbra del popolo degli Italici che dall'Europa continentale avevano invaso l'Italia, furono autori della migrazione che li portò ad occupare l'area appenninica umbro-marchigiana intorno alla odierna Scheggia, nelle cui vicinanze fondarono la città della Ukre Fisia e dove risulta eressero il tempio a Giove Patre. E fu in questi luoghi che nel lontano 1456 avvenne il ritrovamento di un documento di inestimabile valore, le Tavole Eugubine (museo di Gubbio): sette lamine di metallo redatte in umbro, etrusco e latino la cui lettura, traduzione e successivo studio ha permesso di svelare gli ordinamenti, le attività, le pratiche sociali e religiose di questi nostri antenati appenninici. La vicinanza e i successivi contatti con gli Etruschi delle regioni dell'Etruria, popolo di civiltà sviluppata e di diversa cultura, più attenti a realizzare commerci che non a dominare genti, sortirono effetti benefici sulle condizioni di vita degli Ikuvini. È forse in questo tempo che inizia ad acquistare importanza il centro di Luceoli, localizzata nel territorio del comune di Cantiano nei pressi dell'attuale frazione di Pontericciòli (da Pons Luceoli). Il IV secolo a.C. fu il secolo d'oro degli Ikuvini, lontani dalle battaglie e dagli accanimenti dei Romani e dei Galli. Questa loro neutralità favorì la pacifica annessione a Roma che li aveva fino ad allora trascurati nella loro marginalità. Toccò a Caio Flaminio, censore, rendere tangibile la presenza romana creando nel 219 a.C., peraltro su tracciati in parte già esistenti, la validissima arteria appunto chiamata via Flaminia, un collegamento strategico tra Roma e Rimini. Via che poi successivamente, per opera di Augusto e di Vespasiano, vedrà migliorare il proprio percorso con la costruzione di numerosi manufatti ed imponenti ponti e l'apertura, nel 76 a.C., della galleria del Furlo. Per questo motivo Luceoli acquisterà notevole visibilità, divenendo così municipio romano, localizzata in prossimità della mutatio "Ad Ensem" nella Tabula Peutingeriana, copia del XIII secolo di un'antica carta romana che mostrava le vie militari dell'Impero. La Civitas di Luceoli, probabilmente anche sede episcopale indipendente poi estintasi a beneficio della vicina Gubbio, dopo le invasioni devastatrici degli Eruli e dei Goti, aumenta la propria importanza nel divenire un caposaldo del Corridoio bizantino. Questo, insinuandosi nei territori dei Longobardi di re Alboino, costituiva l'unica alternativa alla Flaminia presidiata nel mantenere in comunicazione i domini bizantini adriatici dell'Esarcato e delle Pentapoli con i Ducati di Roma e di Napoli. Forse in funzione antilongobarda o per difendersi dalle incursioni dei Saraceni del IX secolo si inizia la fortificazione dei due colli di Colmatrano e di Cantiano posti a nord di Luceoli, intorno ai quali i superstiti della città, definitivamente distrutta nel 1137 dall'imperatore Lotario III, ripiegheranno per dare avvio alla comunità di Cantiano. La stessa Cantiano, sembra prendere nome da Cante Gabrielli, della omonima famiglia Eugubina che, nel corso del X secolo, ottenne da papa Stefano VII alcuni castelli nell'Italia centrale, tra i quali quello di Luceoli, che fu ribattezzato Cantiano (da Cante). Il colle di Colmatrano fu presidiato da una imponente torre alta 24 metri di cui oggi nulla rimane se non le fondazioni; il colle di Cantiano, oggi di Sant'Ubaldo, ospitò la costruzione del castello di cui rimane oggi il muro portante lato nord est, dopo gli importanti restauri a cura dell'amministrazione comunale e buona parte della torre d'angolo denominata Pagella. Uniti i due colli successivamente da una possente cinta muraria larga 10 m al riparo della quale prosperava il borgo, il Castello di Cantiano assunse una formidabile capacità difensiva. Sbarrando di fatto la Via Flaminia la sua importanza strategica fu tale che per ogni secolo i potenti se ne disputeranno il possesso. Dall'obbedienza all'impero del Barbarossa e di Federico II di Svevia, Cantiano passò nel 1244 per atto di quest'ultimo sotto la giurisdizione di Gubbio e nel 1250 sotto il Governo della Chiesa. Prima di ritornare intorno al 1300 sotto il controllo degli Eugubini, Cantiano visse l'esperienza della "Libera Università" con la quale, grazie a donazioni del conte Gualteruzio Bonaccorsi, la comunità diventava proprietaria ed amministratrice dei beni comuni. Vennero compilati regolamenti per la conservazione ed il godimento di detti beni, le modalità per affitti e locazioni, la destinazione delle somme ricavate, una parte delle quali veniva destinata agli stipendi del medico e del maestro affinché i loro servizi fossero gratuiti per la comunità. Del Castello di Cantiano - divenuto nella seconda metà del XIV secolo dimora di Gabriello di Necciolo Gabrielli, già Vescovo e Signore di Gubbio, insieme alla sua famiglia - se ne disputarono il dominio anche i Montefeltro di Urbino ed i Malatesta di Rimini, sostenuti per interessi territoriali dai Visconti, signori di Milano e dalla repubblica di Firenze. La "questione di Cantiano", divenne allora motivo di interesse per quasi tutte le Cancellerie della penisola. Siamo al 1393 quando, dopo ben nove anni di estenuante assedio, caduta la rocca di Colmatrano ad opera degli armati del conte Antonio II da Montefeltro, si patteggia una pace onorevole. Il castello di Cantiano seppure invitto ed inespugnato per gloria del suo Signore e difensore conte Francesco di Necciolo Gabrielli e per il coraggio di sua moglie Madonna Filippa, viene ceduto ai Montefeltro durante la cui signoria Cantiano beneficiò di un florido periodo. Nel 1417 il castello doveva aver ripreso la vecchia efficienza giacché per anni fu il quartier generale dell'esercito di Guidantonio da Montefeltro contro Braccio da Montone (Andrea Fortebraccio Signore di Perugia) che, sotto quelle mura, vide infrante le mire espansionistiche verso la Marca e l'Adriatico. È ricordata la frase dell'illustre Capitano di ventura nei confronti del Castello di Cantiano: "maledicto arnese de guerra". Nel 1478 è all'opera e all'ingegno di Francesco di Giorgio Martini, architetto militare di Federico da Montefeltro, che si deve il completo restauro della rocca di Colmatrano, delle mura urbiche e la trasformazione del castello medievale dei Gabrielli in palazzo-fortezza, molto simile per fattura e dimensioni all'attuale rocca Feltresca di Sassocorvaro. Così il Duca Federico da Montefeltro, rendeva la sua capitale Urbino più sicura verso sud e poneva una degna residenza Ducale sulla strada tra Urbino e Gubbio, seconda capitale del ducato e sua amata terra natìa, dove era morta nel 1472 l'amatissima moglie, la Duchessa Battista Sforza, che in assenza del consorte, si spostava continuamente tra Gubbio e Urbino, affiancata dal cognato conte Ottaviano Ubaldini della Carda, fratello e fido consigliere di Federico, che la assisteva nell'amministrazione ordinaria del ducato. Loro e l'intero corteo ducale avevano spesso fatto sosta nel castello di Cantiano. Divenuta allora onorevole terra, Cantiano fino al 1631 seguirà storia e destino del Ducato di Urbino. Con l'estinzione del Ducato per mancanza di eredi maschi, Cantiano passerà alla Chiesa di Roma e farà parte dello Stato Pontificio fino al 1860, quando apparterrà per annessione al Regno d'Italia.
; DA VISITARE
Palazzo comunale Sito in piazza Luceoli, costruzione del 1800 in puro stile rinascimentale, si appoggia all'antico Palazzo del Podestà ed a quello dei Priori, costruiti nel XII secolo. La ristrutturazione globale dei due predetti edifici medioevali si rese necessaria dopo i danni provocati dal terribile terremoto del 1781. Nell'atrio è in vista una colonna miliare romana risalente al 305 d.C. proveniente dalla antica via Flaminia dove segnava il miglio CXL da Roma (140º). Inoltre, sempre prospicienti l'entrata del Palazzo Pubblico, si trovano l'architrave proveniente dall'antica Chiesa di Santa Maria del Colnovello e un elemento di pulpito del IX secolo, rinvenuto nella locale pieve di San Crescentino. Vi è anche uno stemma Ducale del duca Guidobaldo II, proveniente dal preesistente palazzo del Podestà. Nella bella sala del consiglio comunale si trova, tra le altre, una tela raffigurante un Mane nobiscum Domine di Felice Damiani da Gubbio, proveniente dalla Chiesa della Madonna del Sasso, un antico camino in pietra serena proveniente dal predetto Palazzo Priorale insieme ad una bellissima lumiera in vetro di Murano. Nell'ufficio del Sindaco è posta una autentica sedia "Savonarola" con lo stemma dei Della Rovere e le lettere "FM" che la farebbero appartenuta al duca Francesco Maria II. Sia la sala del Consiglio che gli uffici di segreteria che il gabinetto del Sindaco, presentano nei soffitti pregevoli affreschi ottocenteschi. Nella biblioteca comunale sono collocate numerose pregevoli opere antiche tra cui alcuni incunaboli: prezioso un De bello Gallico del 1480, insieme ad una raccolta di pergamene riguardanti gli interessi della comunità, scritte in lingua dei primi del 1400. All'esterno, particolare interesse ha l'orologio pubblico. Il complicato meccanismo si trova al di sotto della cella campanaria. Quella di avere un efficiente orologio doveva essere per i cantianesi una questione di reputazione. Fin dai tempi antichi Cantiano, come "loco de passa dove per diversi lochi d'Italia passano foresti et altri gran signori et venal homini" era stata provvista dell'utile pubblico strumento e mal sopportava che esso non potesse suonare a causa della sospensione dei pagamenti da parte della Camera ducale al suo temperatore. E per questo furono rivolte pressanti richieste di intervento al Duca. Ma l'orologio non mancava del temperatore perché invece logoro per il lungo uso. Guidobaldo II nel 1541 si accollò allora la spesa per farne uno nuovo la cui costruzione fu commissionata a Mastro Tubaldo "de li Orioli" di Fabriano, unitamente al castello di ferro per il sostegno della campana. Chiesa Collegiata di San Giovanni Battista Costruita in sostituzione dell'antica Pieve di San Giovannino per accogliere degnamente la miracolosa immagine del Cristo legato alla colonna che, dal 1605 ininterrottamente dispensava grazie ai fedeli nella cappella campestre in località Colsecco, venne solennemente consacrata ed aperta al culto nel 1631 dal Vescovo di Gubbio, Mons. Ulderico Carpegna. La chiesa, divenuta la principale del capoluogo, venne elevata a Collegiata e dotata di un Capitolo permanente composto da un Arciprete che lo presiedeva e sei Canonici (di cui un teologo ed un penitenziere), con bolla pontificia del 17/01/1661 a firma del papa Alessandro VII Chigi. Nel 1721 papa Clemente XI Albani, nativo di Urbino, volle dare una ulteriore distinzione al tempio proclamandolo "Insigne Collegiata". Il complesso monumentale ha una pianta a croce latina, una sola imponente navata con volta a botte ornata di sei altari laterali, cupola del transetto ottogonale con lanterna, abside con altare centrale e coro ligneo, affiancata da due cappelle laterali, una per ciascun braccio del transetto, culminante esso stesso con un altare per lato. La facciata a capanna realizzata in cotto umbro, con campanile sulla sinistra, è rimasta incompiuta rispetto all'imponente progetto dell'architetto Anton Francesco Berardi da Cagli che prevedeva due campanili simmetrici. Il Berardi è noto anche per le tante fabbriche che segue contemporaneamente nella città di Gubbio assieme a Carlo Murena (primo collaboratore del Vanvitelli). Nell'ampio interno si segnalano diverse opere pregevoli di scuola umbro marchigiana. Tra queste, le pale d'altare del XVII secolo, raffiguranti la Vergine, San Girolamo e Santi, un'Annunciazione ed una Natività di Maria, tutte e tre attribuite ai pittori di origine cantianese Francesco e Flaminio Allegrini, attivi nella seconda metà del 1600 anche a Roma come pittori della Corte Pontificia. Nel braccio sinistro del transetto vi è una pala d'altare, raffigurante San Carlo Borromeo ed attribuita al pittore veneto Claudio Ridolfi (1570-1644). Di fronte, nel transetto di destra, un'Ultima Cena di Ventura Mazza da Cantiano, allievo del Barocci (secolo XVII). Sempre attribuita a Claudio Ridolfi è la tela raffigurante la Traslazione della Santa Casa di Loreto e Sant'Andrea. Nell'altare della Cappella Fabi, è posta una Vergine con Bambino detta della Misericordia, realizzata da Gaetano Lapis di Cagli (1706-1773) nel corso della prima metà del 1700. Perla artistica di tutta la chiesa è però il pregevole tondo del XV secolo, raffigurante la Madonna detta del Cardellino. La squisita immagine rinascimentale della Vergine con Bambino e San Giovannino è racchiusa in una splendida cornice lignea, dorata a frutta e fogliame. Per secoli attribuita dalla critica ad Eusebio di Giacomo detto Eusebio di san Giorgio (1465-1539), è invece opera del suo maestro, Pietro Vannucci detto il Perugino (1450-1524), come ricorda una lapide all'interno della chiesa. Notevoli sono anche un Crocefisso ligneo della fine del XVI secolo, lo splendido coro di noce nera con stalli intagliati datato 1721, opera delle maestranze locali, ed il pregevole organo - sopra la porta centrale - opera di Giuseppe Greppi datata 1629. La sera del 29 ottobre 1980, il crollo improvviso di una capriata della navata centrale obbligavano la chiusura del tempio. Dopo cinque anni di restauri, opera instancabile della determinazione dell'allora Arciprete, Mons. Fausto Panfili, la notte di Natale del 1985, la Collegiata veniva riaperta al culto, con solenne messa presieduta dal Vescovo di Gubbio, S.E. Mons. Ennio Antonelli. Chiesa priorale di San Nicolò Di fronte al Palazzo comunale si erge la chiesa di San Nicolò, edificata ai primi del 1800 in luogo della omonima chiesa più antica, posizionata all'interno della cinta muraria e risalente all'XI secolo. Di questa e dell'annesso cenobio, che fu direttamente dipendente dal vicino e potente Monastero di Fonte Avellana e che per antica tradizione viene identificato con l'eremo di Luceoli in cui soggiornarono San Romualdo, San Pier Damiani e San Domenico Loricato, restano solo labili tracce, dietro l'abside ed all'interno della annessa casa parrocchiale, consistenti in un finestrone gotico ogivale e in una finestra trilobata. Nel 1255 il podestà Alberto di Firenze, a difesa del borgo di Cantiano, fece elevare una poderosa torre presso la chiesa di San Nicolò, come si desume da una lapide gotica commemorativa collocata ora presso la sede comunale. La torre è oggi base visibile del campanile. Nel 1383 ricevette onorata sepoltura nella chiesa il Signore del castello di Cantiano, Gabriello di Necciolo Gabrielli, già Vescovo di Gubbio. All'interno, dietro l'altare maggiore, è un quadro con l'effige di San Nicolò, opera dell'artista camerte Carlo Maratta (1625-1713). Questi, pittore e ritrattista ufficiale dei Papi Alessandro VII e Clemente IX, soggiornò a Cantiano e vi eseguì il predetto lavoro intorno al 1670, anno in cui sovente viaggiava tra Roma ed Urbino dove era affidatario degli affreschi decorativi per il duomo. Notevoli all'interno di San Nicolò, sono anche la Pala raffigurante la Madonna del Rosario con Bambino e santi, attribuita al pittore Ercole Ramazzani di Arcevia (1539-1598), un dipinto raffigurante Cristo in croce tra gli angeli e ai piedi della croce la Vergine e San Francesco d'Assisi, attribuito a Filippo Bellini di Urbino (1550-1603). Inoltre, una tela del XVII secolo, di autore ignoto, che rappresenta la Pietà tra santi, in cui è possibile scorgere l'abitato di Cantiano in una raffigurazione dell'epoca. Sopra l'entrata principale, trova posto un prezioso organo, realizzato nel 1822 dal maestro organaio Angelo Morettini di Perugia. Nella adiacente sacrestia, in una parete, è posta una lapide con iscrizione funebre in caratteri gotici, datata 19 novembre 1304. Chiesa di Sant'Agostino In origine la chiesa, poco distante dalle mura castellane, era dedicata a Santa Caterina d'Alessandria ed era pertinenza del Monastero di Fonte Avellana. La costruzione dell'edificio, risalente ai primi del 1200 mostra ancora la sua struttura romanica esterna con una facciata primitiva ancora intatta, un paramento murario dal sapiente contrasto cromatico dei conci policromi disposti a fasce alternate, nel quale si apre il magnifico portale romanico dai capitelli guarniti da bassorilievi fitomorfici stilizzati. Il fianco destro lungo la via Mazzini è corso da lesene e presenta alcune monofore da fastigio trilobato. Nel 1272 fu concessa all'Ordine degli Agostiniani, per secoli affidatari dell'educazione della gioventù di Cantiano che vi costruiscono un annesso convento, oggi sede del Museo. Centro dell'edificio conventuale è il porticato chiostro della fine del 1200. All'interno della chiesa, ad un'unica navata, vi si conservano importanti dipinti ed affreschi tra i quali: un affresco del secolo XV raffigurante la Madonna con Bambino tra Santa Monica e San Nicola da Tolentino riconducibile alla scuola di Gentile da Fabriano, un crocefisso ligneo del 1400, la "Madonna della Cintura" del XVI secolo, attribuita ad Antonio Viviani detto "il Sordo" allievo del Barocci; una Concezione della B.V.M di Giovanni Dionigi da Cagli datata 1535, una Pietà umbra del secolo XVI e Cristo con Apostoli e Pie Donne della scuola di Virgilio Nucci da Gubbio (1547-1621); inoltre nell'abside originaria sono visibili tracce di affresco raffigurante Sant'Agostino e la Vergine del Soccorso, databili al XIII secolo. Chiesa di Sant'Ubaldo Presso la cima del colle omonimo, si trova la chiesa dedicata a Sant'Ubaldo, che fu Vescovo di Gubbio (1035-1060), di cui ancor oggi è Patrono assieme a tutta la Diocesi eugubina, nel cui territorio Cantiano è ascritta da più di mille anni. Costruita nei primi anni del XIII secolo sul piazzale antistante l'entrata del Castello dei Gabrielli, la chiesa, pur rimaneggiata nei secoli successivi, conserva ancora intatto l'impianto basilicale. Uno stretto legame la unisce ai fedeli di Cantiano che la rendono ogni anno il centro dei riti liturgici della Quaresima e della Settimana Santa. In effetti, la stessa Turba, famosa Sacra Rappresentazione che si inscena a Cantiano ogni Venerdì Santo, termina al di sopra della Chiesa stessa tra i ruderi del Castello. Fu infatti per secoli sede della Compagnia del Buon Gesù ed ospitò anche le confraternite dei Flagellanti, dei Battuti e dei Disciplinati, legando così il luogo al culto della Passione di Cristo. All'interno della chiesa si conservano: un prezioso simulacro ligneo di Gesù crocefisso, opera di Mastro Bernardino di Ottavio Dolci di Casteldurante, l'attuale Urbania, che lo scolpì nel 1537; una preziosa statua lignea barocca di scuola napoletana, scolpita alla fine del XVI secolo, raffigurante il Cristo risorto; l'altare maggiore, in legno indorato, è abbellito al centro dalla raffigurazione della Circoncisione di Gesù, affiancata lateralmente dalle effigi dei Santi Ubaldo e Bernardino da Siena tutte attribuite al pittore eugubino Giovanni Baldassini (1534-1601); sopra l'altar maggiore, l'ultima cena di Ventura Mazza da Cantiano allievo del Barocci (1560-1638). Pieve di San Crescentino Posta nei pressi di Cantiano, la Pieve di San Crescentino ha origini antichissime. È opinione comune far risalire la fondazione della chiesa intorno all'anno mille, periodo in cui si diffuse molto il culto e la devozione verso San Crescentino nelle zone a cavallo tra Città di Castello ed Urbino, città entrambe di cui ancor oggi il predetto martire è patrono. Invero, secondo la tradizione, il nobile Crescentino (o Crescenziano) eques dell'esercito imperiale, fu martirizzato durante la persecuzione di Diocleziano in località Pieve de' Saddi, presso Pietralunga posta tra Città di Castello e Gubbio. Tuttavia, durante i recenti lavori di restauro resi necessari a seguito dei danni causati dal terremoto del 1997, il rinvenimento di un elemento lapideo pavimentale di fattura carolingia, anticiperebbe la data di fondazione della pieve di un paio di secoli. Nella chiesa, sotto l'altare, riposano i resti dei Santi martiri Orfito e Benedetto, compagni di San Crescentino, forse traslati nel corso del XII secolo durante l'episcopato di Sant'Ubaldo dalla chiesa loro dedicata, posta sempre nel territorio di Cantiano e caduta in disuso, di cui oggi non restano tracce. Invero il vescovo Ubaldo visitò più volte la Pieve di San Crescentino in cui, dopo aver celebrato la messa, compì un miracolo ridando la parola ad un giovinetto del posto che era muto fin dalla nascita. Il complesso della Pieve è composto dalla chiesa, dalla canonica e da una poderosa ed alta torre di avvistamento medievale, formanti un unico corpo edilizio per stile e bellezza. La torre, costruita per controllare i movimenti sulla vicina via Flaminia, era anche a difesa del corridoio bizantino. La strada che le passa a fianco, in effetti, conduce ancora a Gubbio, costituendo un percorso alternativo alla Flaminia. All'interno della chiesa, un notevole affresco, datato 1469, raffigura la Madonna del bell'Amore insieme ai santi Ubaldo e Crescentino. Inoltre in un altro affresco, certamente di fattura anteriore e riconducibile al XIV secolo, si riconosce la figura di Sant'Antonio da Padova. Degno di menzione è anche un dipinto raffigurante il Santo titolare attribuito a Virgilio Nucci di Gubbio (1547-1621). Splendidi fregi bizantini e una croce carolingia, rinvenuti nei recenti restauri sotto il pavimento, sono ora sistemati dietro l'altare. Museo Il museo di Cantiano è formato da due sezioni distinte ed aperte in tempi diversi. È ospitato all'interno delle duecentesche sale restaurate dell'ex Convento agostiniano, con accesso dal chiostro della adiacente chiesa di Sant'Agostino. Il Museo geo-territoriale nasce, nel dicembre 2001, con l'obiettivo di sottolineare i profondi legami che possiamo riconoscere tra l'evoluzione geodinamica, formazione delle rocce, nascita dei rilievi montuosi, cambiamento del paesaggio, e le attività della popolazione nell'uso delle risorse, negli eventi storici, negli aspetti culturali. Offre al visitatore una panoramica sulla natura ed origine geologica delle rocce che ne formano il territorio e dell'influenza che questo ha avuto sulle attività antropiche che si sono sviluppate, dalle pietre scheggiate del Paleolitico, ai ponti della Flaminia romana, dai portali in arenaria dei palazzi signorili, allo sfruttamento delle cave. La seconda sezione del Museo, è dedicata alle ricchezze del territorio di Cantiano, tra le quali spicca il visciolo che diede vita ad una famosa produzione di amarena. Testimoni preziosi dell'evoluzione dell'ambiente sono i fossili, di cui sono esposti alcuni calchi degli esemplari di ammoniti più rare della collezione Morena, famoso geologo di Cantiano del secolo scorso. Il museo archeologico Giulio Cesare Corsi è stato aperto nel luglio 2003. L'allestimento ripercorre le tappe della presenza umana nel territorio di Cantiano, dalla comparsa dell'uomo sulla terra, alla fase protostorica, testimoniata da alcune fibule e bronzetti provenienti da raccolte di superficie e riconducibili a presenze di natura commerciale e di passaggio, legate all'esistenza di una frequentata pista precedente alla costruzione della consolare Flaminia. L'età romana vede una maggiore quantità di materiali, in larga parte connessi con il tracciato della via Flaminia. Di rilievo è il cippo miliario del 305 d.C. indicante la distanza di 140 miglia da Roma, rinvenuto in una casa colonica nei pressi di Cantiano, lungamente esposto nell'atrio del palazzo comunale. I reperti in mostra, dal Paleolitico al Medioevo, provengono in larga misura dalla raccolta di Giulio Cesare Corsi, cantianese appassionato di archeologia; altri reperti come esagonette, ceramica da mensa rustica, vetri ecc. provengono dai siti individuati di ville rustiche. Una ricca sezione medievale ripercorre le tappe dal castrum di Luceolis al centro fortificato di Cantiano, alla cristianizzazione del territorio, dove erano, già prima del Mille, pievi e monasteri. Gran parte del materiale, ceramiche e frammenti di armi, proviene invece dalla rocca Gabrielli (Sant'Ubaldo), il castello della potente famiglia cantianese.

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